Mi hanno insegnato che per andare avanti bisogna guardare indietro. Lo ha detto Annie Leibovitz in un’intervista recente. Io non credo in dio, ma nei fotografi sì! E quindi di Annie mi fido. Quantomeno mi identifico a tal punto in quello che lei ha dichiarato che proprio non posso fare a meno di guardarmi indietro e lo faccio sistematicamente ogni volta che scrivo e, magari a volte inconsapevolmente, anche ogni volta che scatto una foto. Sono nato a Firenze il 30 maggio del 1966 e ho cominciato a comunicare scrivendo abbastanza presto. All’Università mi immaginavo autore di testi di teatro e di quei testi magari anche regista e perfino interprete. Poi mettere nero su bianco è divenuta una professione di altro tipo e infatti da più di trent’anni scrivo articoli e da ventisei sono il Coordinatore redazionale della rivista Il Tiro a Volo: l’organo ufficiale della Federazione italiana tiro a volo. Anche a fotografare ho iniziato presto. E anche quella passione è divenuta una professione: ho fotografato il tiro a volo fino dai tempi delle Olimpiadi di Barcellona del 1992 e da allora, per un quindicennio, ho seguito in lungo e in largo in ogni angolo del mondo le squadre italiane impegnate nelle maggiori competizioni stagionali. Alle Olimpiadi di Atene del 2004 e di Pechino del 2008 ho svolto il ruolo di fotografo ufficiale dell’Issf: l’International Shooting Sport Federation. Ho scritto anche due manuali di tiro a volo in collaborazione con due campionissimi: uno dedicato al Trap e al Double Trap con Luciano Giovannetti che è stato pubblicato da Editoriale Olimpia e uno dedicato allo Skeet con Andrea Benelli che è uscito per i tipi di Greentime. Il mio primo tentativo di romanzo risale al 1980. Tra il giugno e l’agosto di quell’anno ho scritto molte pagine di quel romanzo in una stagione della vita complicata per me e tragica e difficile per il mondo che mi girava intorno. Deve esserci ancora quel romanzo incompiuto da qualche parte, in fondo a uno degli scatoloni che ho utilizzato in uno dei tanti traslochi che ho fatto. Non fu un tentativo del tutto sterile. Lo spunto di quella “prova” è la base del mio primo romanzo finalmente compiuto: Emmerich, pubblicato nel 2011 dalla casa editrice fiorentina Nicomp. Qualche anno dopo ho scritto L’Aquila Cieca: un thriller che nel 2017 ho proposto in formato eBook da self-publisher su questo sito web. In questa estate del 2020 ho pubblicato un altro thriller: Lutti agli Achei. Da dieci anni non vivo più a Firenze. La mattina dell’8 ottobre del 2010 ho messo pettorina e guinzaglio al mio labrador Pinko, mi sono messo uno zainetto in spalla e mi sono trasferito a Torino dove ho vissuto per quasi cinque anni. (In questi casi è fortemente evocativa l’immagine dell’artista bohémien che con un audace salto nel buio lascia per sempre il luogo natio. No, in realtà già due settimane prima avevo borghesemente firmato il contratto di locazione di un appartamento in Corso Francia all’altezza di Piazza Rivoli.) Dal 2015 vivo a Milano e quando mi chiedono se mi trovo bene, rispondo che mi trovo davvero benissimo. La città del cuore resta Venezia. Ma i grandi amori fanno molto soffrire (si dice così, no..?) e una volta chiusi i conti, forse è meglio chiuderli per sempre. A cinquantaquattro anni posso dire che ci sono molte cose che ho fatto che non rifarei e molte che vorrei aver fatto che invece mancano all’appello. Per dirla in termini scolastici, per ora nella vita mi sento appena alla sufficienza stretta. Vediamo come va nei prossimi cinquantaquattro.