Descrizione
È il febbraio di quel 1683 che la storiografia designerà in seguito per secoli come l’anno dei Turchi e sull’Europa incombe la minaccia di un’immensa armata ottomana che sta marciando su Vienna per abbattere l’Impero di Leopoldo d’Asburgo e ridisegnare politicamente l’intero continente. È in questa cornice che si inserisce il progetto promosso dai servizi deviati della Serenissima Repubblica, d’intesa con un gruppo di influenti aristocratici, per realizzare un golpe a Venezia al fine di decapitare la classe dirigente e sostituirla in blocco. Pietro Paolo Foscarini, che dirige i servizi d’intelligence, architetta un piano che prevede di accreditare l’idea di un’intesa segreta della Repubblica (ovvero del Doge e di tutte le principali magistrature dello Stato) con l’Impero Ottomano. Venezia si schiererebbe con i Turchi, che sulla carta hanno una schiacciante superiorità militare sull’Europa cristiana, e nel prossimo futuro potrebbe sedere al tavolo dei vincitori nell’Europa ridisegnata dall’ambizione sfrenata del Gran Vizir dei Turchi Kara Mustafà. Mediatore di questo accordo segreto sarebbe il conte ungherese Emmerich Thököli, alleato dei Turchi, la cui famiglia combatte aspramente da decenni contro l’Impero per l’autonomia della nazione ungherese (il padre Istvan, artefice di un tentativo di sedizione, viene stanato e ucciso con i suoi fedelissimi nel rifugio inaccessibile di Arva dai soldati di Leopoldo nel 1670). Per accreditare la connivenza tra la Repubblica di Venezia e l’Impero Ottomano attraverso la mediazione di Thököli, Foscarini vuole stabilire un contatto reale con quest’ultimo e spedisce a Kesmark, sui monti Tatra, dove risiede il conte ungherese, un traduttore ebreo-armeno (Kasparjan), uno stampatore (Jacopo) e una bella e giovane attrice di padre ungherese e di madre tedesca (Sija) che è anche la sua attuale amante. L’ambizioso, intelligente e capace Foscarini ha la presunzione di intervenire sulla Storia, ma anche Emmerich Thököli e la moglie, Ilona Zrinyi (a sua volta figlia di un ungherese sedizioso decapitato per ordine di Leopoldo), nutrono ambiziosi progetti. E si servono proprio dell’esca che Foscarini getta loro per realizzare un piano che avrà un esito totalmente contrario a quello ipotizzato dal capo dell’intelligence veneziana. La storia d’Europa dal febbraio al settembre del 1683 nel romanzo è osservata di fatto attraverso lo sguardo di Sija, Kasparjan e Jacopo. È uno sguardo spesso in soggettiva (principalmente dal punto di vista di Sija che si staglia ben presto come protagonista assoluta della vicenda e si fa anche io narrante nelle pagine del proprio diario) che insiste sull’impossibilità di comprendere oggettivamente la realtà. La struttura narrativa propone infatti continuamente una determinata versione dei fatti, ma si affretta a demolirla o a smentirla nell’immediato succedersi degli eventi. Ad esempio, l’omicidio grandguignolesco del diplomatico veneziano Tommaso Mocenigo con cui si apre il romanzo torna ripetutamente ad essere analizzato nel corso dell’intero romanzo e assume ogni volta una prospettiva diversa che spesso smentisce la precedente. Anche la storia del maggiore Hoesch (ufficiale di Leopoldo che ha partecipato alla campagna di Arva ma ha affidato ad un carteggio il suo aperto dissenso nei confronti dei metodi utilizzati dagli imperiali) subisce nell’arco del romanzo continui stravolgimenti di prospettiva. Evidenti, intenzionali e davvero per niente puramente casuali tutti i richiami alla Storia più o meno recente disseminati nel romanzo. E l’esercizio preferito del romanzo diviene proprio l’incrocio – anche anacronistico – di questi elementi. Ma tutto quello che appartiene alla Storia successiva al tempo presente del romanzo, potrebbe in effetti non farsi mai Storia. Perché anche il romanzo, a un certo punto, la Storia la riscrive e per gli eventi narrati ipotizza un esito completamente diverso da quello realmente avvenuto.